La coscienza

Bollettino Salesiano di Febbraio 2003

L'educatore di Bruno Ferrero

INGEGNERIA DELLA COSCIENZA

Ai ragazzi si chiede di "arrangiarsi"; essi sono in un labirinto morale in cui è difficile trovare l'uscita. L'educazione chiave di volta per fa emergere il quadro valoriale e distinguere i veri dai falsi valori. Quale il valore di base?

Il verbo più usato con i ragazzi e i giovani è indubbiamente "arrangiati!". Qualche volta è espresso in modo molto chiaro, il più delle volte sottinteso sotto forme larvate del tipo: quando saranno adulti sceglieranno da soli… La vita insegnerà.... Gli adolescenti e i giovani che vengono accusati di incoscienza sono in realtà alle prese con il loro personale bricolage morale: in qualche modo "si aggiustano". Prendono il loro aperitivo della vita piluccando dalle varie portate della giornata valori, inganni, falsità, trappole, opportunità, ecc. In qualche modo, compagni, cantanti e tv si danno un gran daffare a presentare "linee e stili" di vita. Come può un adolescente orientarsi nel labirinto?
L'educazione ha una meta: costruire una persona adulta. In questo compito i genitori sono indispensabili e i figli sono "compagni di lavoro". Genitori e figli impegnano in questa costruzione desideri, speranze, progetti, sogni e temperamenti diversi, ferite ed esperienze diverse. I figli non devono essere copie, "cloni", dei genitori ma "se stessi", quelle persone uniche e irripetibili che sono destinate a diventare. Per questo non esistono "piani" prefissati, ma linee di orientamento. E' proprio per questo che occorre una guida qualificata in adultità. Ciò che è veramente indispensabile a un figlio è che almeno uno dei suoi genitori dimostri nella vita di tutti i giorni che cosa significa comportarsi da persona adulta. Solo una persona così può fare a un figlio il dono più importante: il "corredo" per la vita. Il cuore di ogni tipo di progetto adulto è quella bussola speciale che chiamiamo coscienza etica. L'impalcatura di qualsiasi morale è costituita da quella che si usa chiamare "quadro di valori".
Perché i valori diventino però realmente la molla della vita devono essere ordinati in un "sistema" coerente e gerarchico. Devono cioè trasformarsi in una specie di scheletro spirituale dell'uomo. La confusione e il disordine dei valori causano notevoli guai. Quelli che chiamiamo i "falsi valori" della nostra società non sono altro che valori autentici impazziti o mal coordinati. Così, per esempio, il lavoro (valore autentico) può diventare primato della produzione a tutti i costi (valore sbagliato), il diritto alla felicità diventa ricerca del piacere, il protagonismo si trasforma in sete di successo, la libertà diventa arbitrio, ecc. I valori sono come le ciliegie: uno tira l'altro. Se infiliamo la mano in un ideale "cesto dei valori" e azzecchiamo il valore fondamentale, tireremo su, attaccati ad esso, tutti gli altri valori. Il compito del valore fondamentale è quello di essere un motore che mette in movimento gli ingranaggi degli altri valori. Ecco l'esempio di un sistema di valori per il nostro tempo.
Valore fondamentale, per me, è la dignità della persona umana. Per un cristiano la motivazione è chiara. La prima pagina della Bibbia afferma: "Dio creò l'uomo simile a sé, lo creò a immagine di Dio, maschio e femmina li creò". Invece, in questo mondo, per troppi l'uomo è solo una strana specie di animale altamente tecnicizzato che cerca a tutti i costi di soddisfare i propri istinti e i propri bisogni. Un animale che si muove tra i grattacieli e usa il computer, esattamente come faceva una tigre che cacciava, con l'astuzia e gli artigli, nella giungla primitiva. E peggio per i deboli e gli inermi. Scegliere come valore fondamentale la "persona umana", significa credere che l'uomo non è riducibile a un pacchetto di istinti: è un essere che si distingue da tutte le altre creature, assolutamente eccezionale perché costituito in modo unico. L'uomo è spirito e corpo, intelligenza e volontà, capacità di progettare, amare, pensare, ricreare e coordinare la realtà in cui si trova inserito. Chi assume questo valore fondamentale possiede la chiara coscienza che l'uomo, nonostante tutti gli attacchi, è il vertice dell'universo creato: tutto deve servire a lui, ma egli non deve servire né essere strumentalizzato a nessun'altra realtà. Non, quindi, l'uomo al servizio della scienza, della politica, dell'economia, dello Stato, della produzione, di altri uomini. Un uomo ha il diritto di guardarne un altro dall'alto al basso solamente quando deve aiutarlo ad alzarsi. Infatti chi sceglie come valore fondamentale la dignità della persona umana innesca una reazione a catena che immette inesorabilmente nel sistema altri tre valori di base: il rispetto supremo per la vita, la necessità assoluta della pace e dell'ecologia.
E poi, come per riempire un ideale casellario, diventano essenziali alcuni valori strumentali: la libertà, la responsabilità, la solidarietà, la giustizia, la creatività, l'interiorità. Ogni altro uomo, il prossimo, non è più un concorrente da scavalcare o da eliminare, non è uno sgabello per la propria affermazione, ma un essere pari ad ogni altro uomo nella dignità. La frenesia del possedere cede il posto alla comunione delle persone, la ricerca egoistica ed esclusiva dei propri interessi alla giustizia e alla solidarietà, la sopraffazione alla fraternità, la competitività all'accordo operoso.
Il tutto si trasforma inevitabilmente in una serie di importantissimi atteggiamenti quotidiani: amicizia, bontà, comprensione, cortesia, fortezza, fedeltà, generosità, laboriosità, lealtà, obbedienza, ordine, ottimismo, pazienza, perseveranza, prudenza, pudore, rispetto, semplicità, sincerità, speranza, sobrietà, socievolezza, sacrificio, fiducia, sport, studio, riconoscenza, religiosità, preghiera ecc. L'educatore adulto è colui che ha ben presente tutto il progetto e, con pazienza e con l'esempio, aiuta i più giovani a trasformarli nelle strutture portanti e nelle fibre della loro coscienza morale.

Il genitore di Marianna Pacucci

ALLA RICERCA DI UN CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE

Un tempo la chiamavamo formazione morale; poi, di fronte al dilagare della soggettività e alla crisi delle certezze si è prudentemente deciso che fosse meglio essere molto discreti rispetto alle questioni che riguardano la coscienza dei nostri ragazzi.

Oggi nei confronti dei ragazzi abbiamo scelto, noi adulti, il ruolo rassicurante di suggeritori di atteggiamenti e comportamenti che solo vagamente depongono a favore di un orientamento esistenziale consapevole. È inutile dire quanto questa scelta sia deresponsabilizzante per le famiglie e deleteria per i giovani, che devono barcamenarsi ora con l'assenza drammatica di testimoni e maestri, ora con la presenza caotica di molteplici figure educative che manifestano la pretesa di risultare influenti sulla loro identità etica.

L'esplosione sempre più frequente di contraddizioni e tensioni che alla fine dichiarano il disimpegno del mondo adulto e il fallimento del nostro contributo alla formazione delle nuove generazioni, ci spinge però, proprio a partire dal vissuto quotidiano della famiglia, a cercare nuove forme di attenzione verso la formazione morale dei bambini e dei ragazzi. In questo tentativo di riappropriarci di un compito lungamente disatteso, noi genitori dobbiamo fare attenzione tanto al cosa, quanto al come. Educare la coscienza dei nostri figli, infatti, non può più risolversi con la trasmissione di valori sempre più usurati o differentemente interpretati a seconda delle situazioni e dei contesti in cui i ragazzi vivono. È importante che siano essi stessi a mettersi in ricerca di ciò che può costituire concretamente il centro di gravità permanente di un modo di essere che non è più scontato, né tanto meno omogeneo.

Affiancarli in questo cammino non è facile, perché i ragazzi sono molto sensibili ai tanti condizionamenti aggressivi della realtà esterna: il conformismo quando sono con i coetanei, il mito del successo all'interno della scuola, una spiritualità di basso profilo in parrocchia, la voglia di raggiungere un benessere effimero insinuata dalla Tv….Non servirebbe a molto che la voce dei genitori si aggiungesse alle tante altre suggestioni, per prospettare un dover essere destinato ad essere perdente rispetto al voler essere e al poter essere promesso da altri ambienti.
È invece più opportuno tentare una proposta che comprenda, per così dire, tanto l'aspetto del contenuto quanto quello del metodo. Nella mia esperienza, questa connessione si è realizzata quando ho cercato di far presente ad Alessandra e Claudio che la formazione della loro coscienza sarebbe stata agevolata dal fatto di cercare innanzitutto un baricentro attraverso l'esigenza fondamentale di essere se stessi.

Quest'attesa, che i ragazzi vivono in genere con molta attenzione, può purtroppo tradursi in modo un po' scomposto: ad esempio, attraverso la tentazione di accettarsi per quello che si è, rinunciando a qualsiasi miglioramento del proprio carattere e del modo di rapportarsi alla realtà circostante.Nei miei figli, fortunatamente, è prevalsa un'interpretazione più impegnativa di questo bisogno: quella che evidenzia il rispetto della propria dignità di persona; la volontà di essere fedeli a ciò in cui credono anche quando questo comporta il dover andare controcorrente e vivere qualche conflitto con gli altri; la disponibilità a mantenere una fondamentale autonomia nella costruzione di atteggiamenti e comportamenti, per non tradire ciò di cui sono intimamente convinti.
Avere insistito su questo elemento sicuramente non li mette al riparo da errori, ma almeno li aiuta in due cose: da un lato, sostiene la capacità di mettere sullo stesso piano le proprie e le altrui esigenze (è difficile rivendicare la propria dignità quando non si è pronti a riconoscere quella degli altri e viceversa); dall'altro li sollecita a tener duro di fronte al rischio di vivere esperienze in cui ci si può ritrovare fragili e smarriti. Non è poco, in questi tempi.

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