Questa è la risposta che Jean-Francois Meurs ha dato su il "Bollettino Salesiano" di aprile 2002 ad una mamma sul tema dei giochi in famiglia.
La riporto perché mi sembra un'ottima spiegazione dell'importanza del gioco tra genitori e figli.

E adesso... giochiamo!

   Cara ***,
   io credo che esista una "cultura del gioco" in certe famiglie - poche a dire il vero - che si riservano del tempo per giocare insieme. Magari rubando quello dedicato alla TV, benchè bisognerebbe saper gestire anche quello riservato al lavoro. Perchè il gioco è importante. Con quale frequenza? Mah, per esempio una sera alla settimana, o ogni due settimane, o solo nelle serate invernali, o... Insomma la frequenza e le modalità on hanno importanza. Ciò che è importante è che non sia assente, perché fa parte dei tesori che i bambini non dimenticheranno più.
   Questo appuntamento col gioco cancella o rende più accettabile l'altro tipo di relazioni che i genitori hanno abitualmente con i figli: "Hai finiti i compiti? Hai riassettato la camera? Mi fai vedere la pagella? Non andare a letto tardi!...". E' un momento di grande gratuità: nessuno è giudicato, né deve rendere conto a qualcuno. Giocare in famigli è creare uno spazio riservato al piacere senza altri pensieri. Ci si scambiano strizzatine d'ochio, si creano simpatiche complicità, si mettoni in atto tentativi di seduzione... Si grida anche, ma per scherzo; ci si eccita, si prepara un buon colpo, s'impara a essere furbi, a non scoprire le proprie carte; si fanno alleanze, si gioisce per una riuscita momentanea, s'impara a perdere... Insomma genitori e figli sono finalmente sullo stesso piano. E quanta ricchezza di situazioni!
   Spesso i genitori giocano col figlio fino ai sei anni. Dopo di che, lo persuadono a giocare da solo con le sue costruzini o lasua macchinina. L'intenzione è lodevole: "Bisogna che impari a essere autonomo, industriandosi da solo o cercando l'aiuto dei compagni". Vero. Ma si dimentiche che il bambino ricerca già per conto suo il contatto, lo scambio; il pericolo è che si separi troppo presto dalla famiglia, e viva in parallelo con essa. Durante il gioco ci si raccontano delle storie, ci si stuzzica, si comunica, insomma: una "cultura del gioco" è spesso presente là dove esiste una "cultura del dialogo e dello scambio". Non è troppo tardi perché anche voi possiate arricchire la vostra cultura familiare di momenti ludici, ma è più utile iniziare fin dall'infanzia.
   C'è di più: occorre variare i giochi: ogni fanciullo è differente e si arricchirà attraverso il gioco alla sua maniera: in logica, in ricchezza di vocabolario, in abilità manuale, in rapidità, in immaginazione,... Il gioco è preceduto e seguito dal dialogo: prima si sceglie il tipo di gioco, si anticipa il piacere, si ricordano le regole. Dopo non ci accontenteremo di felicitarci con i vincitori, e consolare quelli che hanno perduto, perché sarebbe ridurre il gioco al risultato finale: "Bravo!" o "Peccato!". Si deve invece commentare, riconoscere che "è stto bellissimo giocare insieme" e apprezzare le qualità dei singoli: "Mi hai mostrato un buon colpo, "Avevi ragione a metterti d'accordo con lei", "Come hai fatto a indovinare?". I "grandi" possono incoraggiare e insegnare ai più piccolo a riflettere, i più giovani danno l'apporto della loro spontaneità. Giocare, come dice Montagne, "è confrontare il proprio cervello contro quello altrui". Il gioco è un potente fattore d'integrazione familiare e di comunione.
   Non è raro che si aggiunga qualche altro piacere approfittando della circostanza: un piccolo dessert, una bibita tonificante, un bicchiere di vino da gustare. Allora, ci si rende conto che giocare insieme è una festa. Certi giochi approfondiscono l'interiorità, quando mettono in contatto con il fuoco, la notte, la luce, la natura, ma anche la solidarietà, la collaborazione, la condivisione. Addomesticano le emozioni, iniziano al linguaggo simbolico e ai grandi valori umani.

Jean-Francois Meurs